Come psicoterapeuta mi capita di trattare i disturbi del comportamento alimentare, ossia quelle problematiche che si manifestano in un rapporto disfunzionale con il cibo.
Le primarie disfunzioni alimentari riguardano i seguenti quadri clinici:
• anoressia nervosa
• bulimia nervosa
• binge-eating desorder
Oggi vi parlerò del disturbo da anoressia nervosa.
Questo disturbo può essere riconosciuto attraverso i seguenti campanelli di allarme:
1. restrizione delle calorie giornaliere assunte, connessa ad una significativa perdita di peso in base agli standard di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica
2. intensa paura di ingrassare o prendere peso anche se oggettivamente si è sottopeso e non è placata dalla perdita di peso
3. alterazione nella valutazione e nella percezione del peso o della figura corporea che incide sui livelli di autostima e non riconoscere la propria situazione di sottopeso grave
4. è diagnosticabile dopo almeno tre mesi dall’insorgenza dei sintomi
Chi soffre di questo disturbo tende a perdere peso tramite due condotte principali:
• condotte restrittive: caratterizzate da restrizione del cibo assunto ed eccessiva attività fisica
• condotte di eliminazione: caratterizzate da abbuffate durante i pasti seguite da vomito autoindotto ed uso di lassativi con comorbidità (compresenza) di disturbi della personalità e fobia sociale
Spesso le pazienti passano dalle condotte restrittive a quelle di eliminazione.
L’anoressia nervosa presenta alcune caratteristiche principali come:
• amennorea ovvero l’assenza del ciclo mestruale per tre mesi consecutivi
• intensa paura ad acquisire peso
• distorsione nella percezione e valutazione del corpo
• la perdita di peso viene considerata un segno di disciplina e autocontrollo
L’esordio solitamente avviene nella prima fase dell’adolescenza o nella prima età adulta dopo aver intrapreso una dieta e sono i familiari a rivolgersi per primi ai clinici preoccupati per la marcata perdita di peso poiché le pazienti sono per lo più inconsapevoli o negano l’esistenza del problema. L’aspetto più difficile e principale da trattare è la percezione distorta che la persona ha del proprio corpo però è dimostrato che la guarigione si aggira intorno al 50-70% dei casi sebbene la mortalità per questo disturbo è 10 volte maggiore rispetto alla popolazione e il doppio rispetto a chi soffre di altri disturbi psicologici.
Come si cura?
Per la strutturazione di un percorso di cura efficace e funzionale è importante arrivare in tempo ad una corretta diagnosi differenziale (cioè capire se si soffre di un vero e proprio disturbo dell’alimentazione), di effettuare tutte le valutazioni specialistiche necessarie (psicologiche, psichiatriche, internistiche e nutrizionali) e di ricevere indicazioni corrette sul trattamento da seguire.
Tale trattamento dev’essere imprescindibilmente multi specialistico (per tale motivo come professionista, nella presa in carico del paziente, mi attivo con altri specialisti per un percorso che incroci consulenze psichiatriche e consulenze nutrizionali).
Il trattamento dei disturbi dell’alimentazione può essere svolto, a seconda delle necessità, in modo più o meno intensivo. E’ sempre una buona regola iniziare, salvo specifiche controindicazioni, dal trattamento meno intensivo (ossia il trattamento ambulatoriale) perché è il trattamento più efficace e quello che interferisce meno con la vita sociale della persona. Il trattamento ambulatoriale si può quindi considerare il trattamento di prima scelta: solo nei casi molto acuti o in quelli in cui il trattamento ambulatoriale non ha funzionato dovrà essere preso in considerazione un trattamento più intensivo, come il trattamento semi-residenziale in day-hospital o il trattamento residenziale.
In questo quadro la psicoterapia rappresenta un elemento molto importante nell’individuazione delle sottostanti del disturbo specifico e nella ridefinizione delle strutture di pensiero che lo mantengono.
Lo psicoterapeuta infatti mira a considerare il sintomo come un’attiva strategia del paziente per dare significato e coerenza alla propria esistenza. Ciò permette, passando dal piano del comportamento alimentare a quello dell’identità personale, di privilegiare temi legati alla costruzione del Sé.
È indispensabile prestare una particolare attenzione alla gestione della relazione terapeutica in considerazione della peculiare sensibilità di questi pazienti al giudizio dell’altro e della loro spiccata tendenza a compiacere le aspettative altrui.
Per una presa in carico o per informazioni specifiche:
T 3477395122
Dr.ssa Angela Chiericati
Psicologa & Psicoterapeuta